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Separazione a causa dei suoceri: di chi è la colpa?

  • Immagine del redattore: avvocatocapizzano
    avvocatocapizzano
  • 18 mag 2016
  • Tempo di lettura: 3 min

Che succede se la coppia già sposata si separa per causa dell’invadenza della suocera o del suocero o se, per lo stesso motivo, uno dei due fidanzati decide di rompere la promessa di matrimonio? La giurisprudenza non ha lasciato dubbi: l’eccessiva oppressione da parte dei suoceri può essere causa di responsabilità, ma solo nei casi più gravi. Ecco alcune importanti decisioni degli ultimi anni.

La separazione a causa dei suoceri

In una sentenza di qualche anno fa, la Cassazione ha ritenuto legittimo l’allontanamento dalla casa familiare per il coniuge vittima delle oppressioni della suocera, convivente con la coppia nello stesso immobile e responsabile del deterioramento delle relazioni tra marito e moglie [1]. Tale situazione infatti è ritenta “giusta causa” tale da consentire di andare via dal detto domestico senza perciò vedersi addebitata la responsabilità della separazione (cosiddetto addebito).

In generale la domanda di addebito della separazione a causa dell’eccessiva ingerenza da parte dei suoceri, addebito ovviamente imputato al relativo figlio, può essere accolta dal tribunale solo qualora il giudice ravvisi un comportamento colpevole da parte di quest’ultimo per non aver saputo arginare le invadenze della propria famiglia di origine. Non poche volte, infatti, il figlio mammone è stato ritenuto responsabile della separazione e, quindi, oggetto di addebito. È necessario comunque dimostrare al tribunale che proprio l’invadenza dei suoceri (e non altre ragioni determinate, per esempio, da una preesistente crisi) abbia reso intollerabile la prosecuzione della convivenza. In ogni caso se, nonostante le intromissioni dei suoceri, alcuna colpa può essere imputata al figlio di questi, ferma restando comunque la possibilità di separarsi, non vi sarà alcun addebito.

La presenza di suoceri invadenti può dar luogo alla separazione con addebito a carico del coniuge che non riesca a tenere “a distanza” i propri genitori per incapacità a gestire il distacco dalla famiglia di origine.

L’annullamento delle nozze

Secondo una recente sentenza del Tribunale di Cagliari [2], le ingerenze continue dei futuri suoceri nella vita relazionale della coppia prossima al matrimonio sono un giusto motivo per la rottura del fidanzamento, ma ciò non consente all’altro partner di chiedere il risarcimento dei danni o il rimborso per le spese sostenute in vista delle nozze. Difatti, non costituendo la promessa di matrimonio un vincolo giuridico tra le parti ed essendo la scelta di non contrarre più matrimonio un atto di libertà che non può essere soggetto a costrizioni, non sussiste nessuna forma di responsabilità.

Il codice civile [3] stabilisce che la promessa di matrimonio può essere fatta per atto pubblico o per scrittura privata; diversamente può risultare anche solo dalla semplice richiesta della pubblicazione delle nozze. Con tale atto però le parti non si obbligano a sposarsi, né mai potrebbe essere perché il matrimonio è un atto volontario che non può essere soggetto a costrizioni, neanche se ad obbligarsi sono le parti stesse. Detto ciò, quindi, in caso di rottura del fidanzamento e annullamento delle nozze, non può scattare alcun risarcimento del danno, salvo che il dietrofront sia stato – dice il codice – senza un giusto motivo. Solo in quest’ultimo caso si può essere costretti a risarcire le spese vive contratte per la celebrazione e il ricevimento, nonché eventuali altri esborsi in vista dell’evento.

Ciò posto, la rottura del fidanzamento determinata dall’invadenza dei suoceri non può dar luogo all’obbligazione di rimborso delle spese sostenute per le nozze perché avvenuta per giusto motivo. Nel caso di specie, la causa della rottura era stata, infatti, determinata dalle liti continue causate dalla presenza costante dei suoceri, che avevano portato la convivenza intrapresa prima del matrimonio ad essere intollerabile.

[2] Trib. Cagliari, sent. n. 487/2016 del 16.02.2016.

[3] Art. 81 cod. civ.


 
 
 

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