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Separazione marito-moglie: per il mantenimento scatta la finanza


Assumono sempre minor valore le dichiarazioni dei redditi dei coniugi che si vogliono separare, al fine di determinare l’ammontare dell’assegno di mantenimento che dovrà versare chi dei due guadagna di più: il giudice può trarre argomenti di prova delle condizioni economiche non solo dai dati dichiarati all’Agenzia delle Entrate, ma anche dal tenore di vita effettivo, dalle spese, dalla titolarità di immobili e, non in ultimo, dalle indagini della Guardia di Finanza.

Come si calcola il mantenimento

L’assegno di mantenimento viene messo a carico del coniuge che ha un reddito più elevato, al fine di consentire all’altro, più disagiato, di mantenere lo stesso tendenziale tenore di vita di cui godeva quando ancora conviveva con il primo.

Non esistono norme che definiscano percentuali da applicare sul reddito onde definire, in anticipo, a quanto ammonterà la somma da versare all’ex: tutto è rimesso alla discrezionalità del singolo giudice (con ovvie disparità di trattamento da tribunale a tribunale, da giudice a giudice, da una parte all’altra d’Italia e, a volte, anche a seconda del grado di giudizio). Il magistrato, in particolare, dovrà tenere conto di una serie di variabili come:

  • la sussistenza di colpe, da parte di uno dei due coniugi, che abbiano comportato l’intollerabilità della convivenza: in tal caso, il soggetto responsabile della separazione riceve il cosiddetto “addebito” e non può mai percepire, anche se più povero, l’assegno di mantenimento;

  • l’età del coniuge economicamente più debole e gli eventuali titoli di studio o di formazione, che gli consentano di ricominciare a lavorare e a mantenersi da sé;

  • la durata del matrimonio: tanto più è stato breve, tanto minore è stata l’aspettativa di una vita con un tenore di vita pari a quello dell’ex e, quindi, più basso sarà il mantenimento;

  • le maggiori spese del coniuge obbligato a versare il mantenimento;

  • l’assegnazione della casa coniugale al coniuge che percepirà il mantenimento; ecc.

Tuttavia, una cosa è certa: tanto più basso è il reddito di colui che dovrà versare il mantenimento, tanto meno gravoso sarà l’importo da corrispondere all’ex, fino ad arrivare alla totale esenzione quando i due stipendi siano sostanzialmente uguali.

È chiaro, pertanto, che, nel corso del processo, ciascuno dei due coniugi farà di tutto per dimostrare di essere “un po’ più povero di quanto effettivamente è”…

Le presunzioni per determinare il mantenimento

Il giudice, però, non guarda solo le carte, ma anche i “fatti”. Per cui, se anche la dichiarazione dei redditi indica un determinata soglia di “ricchezza”, il giudice può ritenerla non del tutto veritiera e rispondente al reale se altri elementi fanno presumere il contrario. In buona sostanza, il magistrato può ritenere tranquillamente che il coniuge abbia evaso le tasse e dichiarato al fisco meno di quanto effettivamente guadagna. In quest’ottica il tribunale, nel calcolare il reddito dei due coniugi, può considerare una serie di altri elementi come ad esempio le spese concretamente sostenute nell’arco dell’anno (viaggi, auto di lusso, ecc.), il possesso di immobili, ecc. In ultima analisi può delegare le indagini alla Guardia di finanza.

Ad esempio, una ordinanza della Cassazione di due giorni fa ha preso in esame la situazione di un marito disoccupato che, perciò, aveva chiesto al giudice di essere esentato dal pagamento del mantenimento. Tuttavia il magistrato, nel verificare le visure immobiliari in capo al soggetto, ha notato come lo stesso fosse proprietario di alcuni appartamenti che, certamente, non potevano essere mantenuti in assenza di redditi (spese di condominio, tasse, ecc. possono costituire infatti un onere insopportabile per chi non ha entrate). Così ha dedotto che detti immobili fossero stati concessi in affitto e che quindi il titolare, benché i canoni di locazione non fossero stati dichiarati al fisco, ne ottenesse comunque un reddito. Risultato: anche a carico del disoccupato può scattare, in ipotesi come questa, l’obbligo al versamento del mantenimento.

La presenza di beni di lusso

Il giudice pertanto può prendere in considerazione oltre alla complessiva situazione patrimoniale del coniuge, anche i beni di lusso come, ad esempio, automobili, ville, barche, viaggi costosi e ripetuti, nonché le altre utilità di cui esso abbia il diretto godimento.

Le indagini della finanza

Inutile per i due ex coniugi nascondere i redditi poiché il comportamento processuale poco trasparente da parte di entrambi può trapelare anche da indagini della Guardia di Finanza delegate dal giudice. A riguardo, una recente sentenza del Tribunale di Roma [2], dopo aver scoperto i “segreti finanziari” della coppia, ha ridimensionato l’ammontare dell’assegno di mantenimento perché la donna risultava titolare di entrate non dichiarate al fisco.

La determinazione dell’assegno di mantenimento (per i casi di separazione) o di quello di divorzio è indipendente dalle dichiarazioni dei redditi dei coniugi, da cui parte, ma da cui può anche discostarsi. Non solo. Il giudice può anche non tenere conto, in sede di divorzio, di quanto deciso in precedenza all’atto della separazione (anche se consensuale) e rideterminare completamente l’ammontare dell’assegno divorzile rispetto a quello di mantenimento.

In sintesi, il giudice, se reputa insufficienti o dubita dell’attendibilità delle informazioni di carattere economico fornite dai genitori, può disporre accertamenti per mezzo della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione anche se intestati a soggetti diversi.

Il giudice può disporre d’ufficio i mezzi istruttori e gli accertamenti necessari quando sospetta che uno o entrambi i genitori abbiano occultato parzialmente o del tutto il patrimonio personale mediante intestazioni fittizie o di favore, per sottrarre beni in grado di rivelarne la capacità economica e rilevanti per la determinazione dell’assegno di mantenimento in favore dei figli.

Lavoratori autonomi

Il giudice può ritenere poco attendibili ai fini della quantificazione dell’assegno di mantenimento i redditi denunciati dai lavoratori autonomi anche senza disporre un’indagine della guardia di finanza, quando tenuto conto del tipo di attività svolta e della facile eludibilità dei relativi obblighi fiscali, i proventi dell’attività artigiana appaiono chiaramente superiori a quelli dichiarati [3].

[1] Cass. sent. n. 14349/2012.

[2] Trib. Roma sent. n. 21168/15.

[3] Trib. Ancona sent. n. 432/2012.


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