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Assegno di mantenimento a coniuge e figli: prescrizione

  • Immagine del redattore: avvocatocapizzano
    avvocatocapizzano
  • 3 lug 2016
  • Tempo di lettura: 3 min

Anche l’assegno di mantenimento ha una sua prescrizione: il che significa che chi ne ha diritto e non riceve il pagamento per una o più determinate mensilità non può più pretenderlo nel caso in cui lasci decorrere troppo tempo. In particolare il tempo oltre il quale si prescrive il diritto all’assegno di mantenimento è di cinque anni. Ma procediamo con ordine.

Mantenimento: cos’è e come si calcola

Il cosiddetto “mantenimento” è una sorta di misura assistenziale che il giudice dispone nel caso in cui la coppia si separi o divorzi; ne ha diritto chi dei due ex coniugi ha un reddito inferiore all’altro e, quindi, non è in grado di mantenere, con le proprie forze, lo stesso tenore di vita che aveva quando ancora vi era la convivenza. In particolare, viene chiamato “assegno di mantenimento” l’assegno che scatta dopo la separazione, mentre detto “assegno divorzile” quello che scatta dopo il divorzio (e che, ovviamente, sostituisce il precedente).

Per calcolare il mantenimento il giudice valuta una serie di parametri sui quali qui non ci dilungheremo (per maggiori dettagli leggi “Come si calcola il mantenimento”), ma che sinteticamente consistono in un vaglio dei rispettivi redditi, delle spese che andranno a sostenere i coniugi con la separazione (eventuali affitti, nuove utenze, rate di mutuo, ecc.), la capacità del beneficiario di mantenersi da solo per via della più o meno giovane età e della sua capacità di lavorare, la durata del matrimonio, ecc.

Quando si prescrive l’assegno di mantenimento?

La prescrizione dell’assegno di mantenimento è di cinque anni. Tuttavia, come più volte chiarito dalla Cassazione [1], a prescriversi non è mai il diritto all’assegno di mantenimento o a quello divorzile, in sé per sé, ma la singola mensilità non pagata.

Tanto per fare un esempio, se d’un tratto il marito smette di pagare il mantenimento alla ex moglie e questa, per sei anni di seguito resta in silenzio, non agisce nei suoi confronti né lo sollecita, questa avrà sempre diritto, per il futuro, a ottenere il mantenimento, tuttavia, perderà la possibilità di rivendicare il pagamento delle mensilità più vecchie di cinque anni. Sempre per rimanere nell’ambito dell’esempio, se l’inadempimento è iniziato del 2010 e la moglie si attiva solo a fine 2016, avrà perso il diritto per tutto l’anno 2010 e 2011.

Pertanto, non avremo un’unica prescrizione, ma tanti termini per quante sono le mensilità di mantenimento dovute, ciascuna delle quali inizia a decorrere dal mese successivo. Così, ad esempio:

  • la prescrizione della mensilità di mantenimento dovuta per gennaio 2010 inizia a decorrere da febbraio 2010 (un mese dopo) e si compie a gennaio 2015, ossia cinque anni esatti dopo; quindi a partire da febbraio 2015 non si può più chiedere l’arretrato perché prescrittosi;

  • la prescrizione della mensilità di mantenimento dovuta per febbraio 2010 inizia a decorrere da marzo 2010 e si compie a febbraio 2015; quindi a marzo 2016 non si può più chiedere l’arretrato; e così via…

Il mantenimento dei figli

Le stesse regole si applicano per l’assegno di mantenimento dovuto ai figli: anche per esso a prescriversi non è il diritto ma le singole mensilità non pagate, le quali si prescrivono in cinque anni decorrenti dal mese successivo a quello in cui il versamento è dovuto.

Pertanto, trattandosi di prestazioni periodiche e tra loro autonome, esse non si prescrivono a decorrere da un unico termine (la data della sentenza di separazione o di divorzio), bensì dalle singole scadenze delle prestazioni mensili dovute.

[1] Cass. sent. n. 23462/2009.

[2] Trattandosi infatti di prestazioni che debbono essere pagate periodicamente in termini inferiori all’anno, sono prestazioni di natura periodica assimilabili alla nozione di “pensioni alimentari”, come tali soggette alla prescrizione di cinque anni, ai sensi dell’art 2948 cod. civ., che decorre dalle singole scadenze: così Cass. sent. n. 18097/2005; n. 336/2004; n. 6975/2005; n. 13414/2010.


 
 
 

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