Separazione: casa coniugale divisa tra i due coniugi coi figli
- avvocatocapizzano
- 3 lug 2016
- Tempo di lettura: 3 min
In caso di scarsa conflittualità tra i coniugi, il giudice della separazione, nel decidere a chi dei due assegnare la casa coniugale, può disporre una parziale assegnazione a entrambi, quando ciò serva per garantire ai figli la possibilità di continuare a vivere con entrambi i genitori. È quanto chiarito dalla Cassazione con una recente sentenza [1].
L’assegnazione della casa coniugale
Come noto, all’atto della separazione, il giudice assegna l’immobile che un tempo era la casa coniugale al coniuge presso i quali i figli vanno a vivere stabilmente (in gergo tecnico viene chiamato “coniuge collocatario”). L’altro coniuge, invece, anche se si tratta dell’effettivo proprietario dell’immobile in questione, è costretto a fare le valige ed andarsene.
Questa scelta è stabilita nell’interesse dei figli, affinché continuino a vivere nello stesso habitat domestico in cui sono cresciuti sino ad allora e possano, comunque, contare su un tetto sicuro ove stare.
Pertanto, in caso di coppia senza figli, la casa coniugale invece torna al coniuge che ne era proprietario. In ipotesi di comproprietà, l’immobile viene infine diviso (eventualmente procedendosi alla vendita oppure con liquidazione, da parte di uno dei due, della quota dell’altro in denaro).
Che succede se la casa può essere divisa?
La giurisprudenza della Cassazione è andata via via affermando che, in caso di coppia ove il clima di conflittualità e i litigi sono venuti ormai scemando e si è ristabilito un certo dialogo, il giudice può assegnare una parte della casa coniugale anche al coniuge non collocatario (quello cioè presso cui, formalmente, i figli non convivono), consentendogli quindi di continuare a vivere all’interno dello stesso immobile, in un’area definita. Insomma, sì alla divisione ideale dell’immobile che un tempo era adibito a casa familiare. Ma ciò solo al fine di garantire ai figli la possibilità di continuare a vivere insieme a entrambi i genitori e frequentarsi con ciascuno dei due senza limitazioni (cosiddetto diritto alla bigenitorialità).
In verità, e sotto un aspetto più squisitamente tecnico, l’assegnazione resta comunque solo al genitore collocario e non a tutti e due (in questi casi, si parla infatti di assegnazione parziale dell’immobile); con la particolarità che viene consentito all’altro coniuge di vivere nell’altra parte della casa quando questa risulta divisibile (leggi “Casa familiare: può essere assegnata a entrambi i genitori“).
Questa valutazione viene fatta, ovviamente, caso per caso, tenendo conto delle singole esigenze e della situazione familiare venutasi a creare. Proprio per preservare un ambiente sereno per la prole, è necessario che il magistrato accerti che la conflittualità è venuta ormai meno.
Il che è in linea sia con quanto prevede il codice civile [2], sia coi precedenti della Cassazione [3] secondo cui la nostra legge “tutela l’interesse prioritario della prole a permanere nell’habitat domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare”. “Il giudice – prosegue la sentenza – può limitare l’assegnazione della casa familiare ad una porzione dell’immobile, di proprietà esclusiva del genitore non collocatario, anche nell’ipotesi di pregressa destinazione a casa familiare dell’intero fabbricato, ove tale soluzione, esperibile in relazione al lieve grado di conflittualità coniugale, agevoli in concreto la condivisione della genitorialità e la conservazione dell’habitat domestico dei figli minori”. Ma “la decisione sulla possibilità di assegnare una parte limitata dell’immobile è affidata alla valutazione discrezionale del giudice che dovrà valutare il grado di conflittualità esistente e la rispondenza della assegnazione parziale al genitore non affidatario all’interesse dei minori”.
[1] Cass. sent. n. 11783/16 dell’8.06.2016.
[2] Art. 155 quater cod. civ.
[3] Cass. sent. n. 8580/2014.
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