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Infedeltà e tradimento: sms come prova per l’addebito

  • Immagine del redattore: avvocatocapizzano
    avvocatocapizzano
  • 14 lug 2016
  • Tempo di lettura: 2 min

È vero, il codice civile stabilisce che non possono essere valide prove per l’infedeltà del coniuge quelle acquisite violando la legge, ma questo evidentemente non vale per quanto riguarda la violazione della privacy: stando infatti a una recente sentenza del tribunale di Roma [1], gli sms acquisiti senza autorizzazione dal cellulare del marito o della moglie, che dimostrano la relazione adulterina di questi, possono comunque essere utilizzati nella causa di separazione al fine di dimostrare l’infedeltà di quest’ultimo e, quindi, per richiedere l’addebito.

Non è la prima volta che un giudice ritiene che la prova del tradimento possa essere data con sms segreti e altri documenti acquisiti in violazione della privacy del coniuge: qualche anno fa, il Tribunale di Torino diede la stessa interpretazione (leggi: “Infedeltà: sì alla prova degli sms dell’amante letti di nascosto sul cellulare” e “Attenzione a sms ed email: fanno prova”. Il fatto però è che la tesi non è accettata da tutti i tribunali che, anzi sono piuttosto rispettosi di quella norma contenuta nel nostro codice secondo cui solo le prove acquisite in modo lecito possono essere utilizzate in un processo (civile, penale o amministrativo). E di certo un sms preso dal cellulare del partner costituzione una violazione al codice della privacy.

Di fatto, però, secondo il giudice capitolino, nella causa di separazione, il coniuge può produrre gli sms presi dal cellulare dell’altro facendo scattare l’addebito per infedeltà. Più compromettenti di Facebook ci sono quindi i messaggini acquisiti dallo smartphone lasciato incustodito, utilizzabili come prova del tradimento. La spiegazione che si fornisce nella sentenza è abbastanza semplice: il vincolo del matrimonio implica un affievolimento della sfera di privacy, imposto dalla condivisione di spazi, e quindi sarebbe tutt’altro che illecito andare a frugare nella corrispondenza altrui. O, almeno, sul cellulare. In barba a tutte le sentenze che, sino ad oggi, hanno affermato l’esatto contrario.

Insomma, stando alla pronuncia in commento, un coniuge può vedersi accollare la responsabilità della separazione se l’altro produce in giudizio i messaggini inviati dal coniuge all’amante che dimostrano in modo inequivocabile l’infedeltà. E i testi estrapolati dal telefonino lasciato incustodito in casa risultano utilizzabili come prova: il vincolo matrimoniale, infatti, implica un affievolimento della sfera di riservatezza dei coniugi.

La creazione di un ambito comune di convivenza determina un’implicita manifestazione di consenso alla conoscenza di dati e comunicazione di natura anche personale. Insomma: non può ritenersi illecita la scoperta causale della relazione extraconiugale tramite glisms del telefonino lasciato per casa.

[1] Trib. Roma, sent. n. 6432/16.


 
 
 

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