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Separazione: quando il suocero può riprendersi la casa del figlio

  • Immagine del redattore: avvocatocapizzano
    avvocatocapizzano
  • 11 ago 2016
  • Tempo di lettura: 3 min

Nel caso in cui il figlio, sposandosi, riceva in prestito la casa dei genitori perché vi vada a vivere con la futura moglie e poi la coppia si separi, l’immobile potrebbe restare alla moglie anche dopo laseparazione. Un rischio cui vanno incontro numerosi suoceri che non sempre sono previdenti e, anzi, quando l’unione tra il figlio e la moglie è tutta “rose e fiori”, non sono soliti premunirsi. Eppure il rischio diperdere la casa per un notevole lasso di tempo è tutt’altro che improbabile. Ma da esso ci si può preservare se si pone attenzione ad alcune regole.

In particolare, il suocero non può riprendersi la casa del figlio solo se:

  • sono nati figli e questi sono ancora minori o maggiorenni non autosufficienti dal punto di vista economico;

  • l’immobile era stato concesso perché fosse destinato a residenza familiare e, quindi, non a “tempo determinato”.

È questa la disciplina del cosiddetto “comodato” ossia il contratto con cui il proprietario di un immobile concede gratuitamente (salvo diversa pattuizione) l’uso di quest’ultimo a un altro soggetto (di norma un parente) per una specifica finalità.

Ora, è sempre bene che tale finalità sia chiarita nel contratto e che, quindi, esso risulti per iscritto con un termine di scadenza. Infatti, come abbiamo già spiegato nella guida “Casa in prestito dai genitori” e in “Comodato: dopo la separazione la casa resta alla moglie”, se al prestito della casa non viene dato uno specifico scopo e un termine per la restituzione della stessa (cosiddetto comodato non precario [1]) e risulti, di conseguenza, che l’immobile, nelle intenzioni delle parti, doveva servire per garantire un tetto alla neo costituita famiglia, non è possibile ottenerne la restituzione. Salvo sussista un urgente e imprevisto bisogno, la cui dimostrazione è tutt’altro che semplice. In caso contrario – e sempre che la coppia abbia avuto dei figli – il giudice potrà assegnare l’immobile alla ex moglie, proprio come succede di solito in caso di separazione, quando la casa è di proprietà del marito o in comunione. Non importa che l’appartamento sia di proprietà dei suoceri e che questi l’abbiano prestato al figlio solo in vista del suo matrimonio.

In ogni caso – secondo quanto specificato dal Tribunale di Aosta con una recente sentenza [2] – la moglie che voglia chiedere al giudice l’assegnazione della casa avuta in prestito dai suoceri resta comunque vincolata a dimostrare la volontà dei proprietari di assegnare il bene a residenza familiare, una volontà che non può essere solamente presunta per il fatto che il contratto di comodato non sia munito di un termine di scadenza o non indichi lo scopo del prestito. Di conseguenza, se non si raggiunge la prova di questa finalità, vale la soluzione più favorevole al comodante (proprietario della casa): quest’ultimo ritorna nella disponibilità del proprio immobile e il comodato cessa.

Invece, se nel contratto di comodato figura un termine di scadenza, il comodatario (il figlio o la moglie) sarà tenuto a restituire l’immobile allo scioglimento del matrimonio. Se invece il comodato non è a termine ma lo scopo non è quello delle esigenze familiari del figlio, l’immobile va restituito anche a semplice richiesta del comodante [3].

Anche secondo la Cassazione [4] il comodato di un bene immobile, espressamente stipulato senza limiti di durata a favore del figlio perché vi vada a vivere con la moglie, è vincolato alle esigenze abitative familiari; il comodante deve quindi concedere l’immobile anche dopo l’eventuale separazione, a meno che non intervenga un suo urgente e imprevisto bisogno.

La richiesta al giudice e l’eccezione processuale

Nel caso in cui il suocero voglia recuperare l’immobile nei confronti della ex moglie del figlio, quest’ultima ha la possibilità di sollevare l’eccezione di essere aggiudicataria della casa, per opera del provvedimento del giudice della separazione, anche in grado di appello e per la prima volta. È quanto chiarito di recente dalla Cassazione.

A fronte di una domanda giudiziale di rilascio di un’abitazioneintentata dal proprietario dell’immobile-comodante, costituisce eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio anche in appello, l’eccezione con cui il convenuto deduca di avere il diritto di permanere nella detenzione dell’immobile per averne ricevuto l’assegnazione con un provvedimento giudiziale emesso nell’ambito di una causa di separazione coniugale.

Afferma infatti la Suprema Corte che le eccezioni in senso lato non sono subordinate alla specifica e tempestiva allegazione della parte e sono dunque ammissibili anche in sede di appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati agli atti del processo. Le questioni rilevabili d’ufficio non sono subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto.

L’eccezione di assegnazione giudiziale della casa non è subordinata a preclusioni e può essere proposta per la prima volta anche in appello o rilevata anche dallo stesso giudice di secondo grado.

[1] Artt. 1803-1809 cod. civ.

[2] Trib. Aosta, sent. del 13.01.2016.

[3] Art. 1810 cod. civ.

[4] Cass. S.U. sent. n. 13603/2004, n. 20448/2014.

[5] Cass. sent. n. 16574/16 del 5.08.2016.


 
 
 

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