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Separazione e addebito: se non sei più innamorato quali conseguenze?

  • Immagine del redattore: avvocatocapizzano
    avvocatocapizzano
  • 12 ago 2016
  • Tempo di lettura: 3 min

Non sono poche le coppie all’interno delle quali, dopo un “più o meno” lungo periodo di matrimonio, uno dei due coniugi si riscopra non più innamorato, dichiari all’altro di non amarlo più e, perciò, di volere la separazione. Il marito o la moglie “lasciato” è costretto a subire questa decisione, non potendosi opporre. La legge, infatti, consente la separazione quando la convivenza non è più tollerabile anche per uno solo dei due coniugi: con la conseguenza che se a volersi separare è solo il marito o la moglie, l’altro non può impedire lo scioglimento del matrimonio. Egli potrà, tutt’al più, opporsi alle condizioni economiche per come richieste dal partner (ad esempio, la misura dell’assegno di mantenimento) e, in tal caso, anziché percorrere congiuntamente il cammino della separazione consensuale, imporre all’altro il percorso della separazione giudiziale (quella cioè disposta dal giudice al termine di una lunga – e a volte “sanguinosa” – causa); tuttavia non potrà evitare che il matrimonio cessi.

Ma quali sono le conseguenze per chi dichiara di non amare più l’altro coniuge? Cosa deve temere questi in termini economici? Dovrà pagare un risarcimento o l’assegno di mantenimento? Sarà considerato responsabile e, perciò, gli verrà “addebitata” la separazione? Nulla di tutto ciò.

Così come esiste il diritto di amare, esiste anche il diritto di non amare più. Con la conseguenza che chi si scopra non più innamorato del partner ben può dichiararlo senza perciò temere addebiti di responsabilità, né temere di dover pagare un risarcimento del danno. In buona sostanza, non scatta il cosiddetto addebito a carico di chi voglia separarsi, senza trovare giustificazioni che abbiano fondamento in colpe dell’altro coniuge.

Ci si può separare senza una ragione? Certamente sì. Non è necessario motivare le cause del proprio disinnamoramento. Non bisogna trovare scuse, né è necessario che l’altro abbia posto in essere necessariamente una condotta contraria ai doveri del matrimonio. Sebbene il partner abbia tenuto sempre una condotta integerrima, fedele e rispettosa dei doveri che scaturiscono dalle nozze, l’altro può ugualmente dirgli addio senza una ragione effettiva, potendo solo motivare il suo disinteresse con il venir meno dell’amore. Né quest’ultimo subirà alcuna conseguenza da ciò, in termini di addebito o di versamento dell’assegno di mantenimento.

La condanna a pagare il mantenimento scatta per altre ragioni che non attengono alle cause della separazione. Addirittura, seppur la cessazione del matrimonio è stata imposta dal comportamento colpevole del marito o della moglie, l’altro coniuge non vanterà solo per questo, e in via automatica, il diritto al mantenimento. Difatti, il giudice dispone l’obbligo di versare un assegno mensile, a titolo di mantenimento, solo quando verifica che il reddito di uno dei due coniugi è molto più alto di quello dell’altro e che quest’ultimo non è in grado, con le proprie forze, di mantenere lo stesso tenore di vita che aveva durante il matrimonio. Insomma, tutte le volte in cui vi sia una sproporzione tra gli stipendi o i redditi dei due coniugi, il tribunale cerca di diminuirla, obbligando il più “ricco” a dare periodicamente (di norma una volta al mese) una parte dei suoi soldi al più “povero”.

Solo chi ha subito la separazione con addebito a proprio carico non può ottenere – anche se con un reddito inferiore – l’assegno di mantenimento. Se, invece, non ha subìto la pronuncia di addebito e ha risorse economiche più basse, gli deve essere versato l’assegno. Ora, nel caso di coniuge non più innamorato, poiché come abbiamo visto questa dichiarazione non costituisce causa di addebito, egli avrà diritto al mantenimento.

Un paradosso? Lui, marito fedele, si sente dire da lei che non è più innamorata, che non lo ama più e che, per ciò, deve andarsene di casa. L’uomo deve subire la scelta, non potendosi opporre. Se poi la moglie ha un reddito più basso dell’uomo e la coppia ha avuto figli ancora minori, il giudice le assegnerà non solo l’assegno di mantenimento, ma anche la casa coniugale e disporrà che i figli convivano con lei (ciò succede nella gran parte dei casi). E il marito che, invece, era ancora innamorato? Non potrà impedire la separazione, né l’assegnazione della casa alla ex moglie. Tutt’al più, se riesce a dimostrare di avere lo stesso reddito della moglie o che quest’ultima ha disponibilità economiche ulteriori rispetto allo stipendio (ad esempio proprietà immobiliari), potrà contrastare la sua richiesta di mantenimento.


 
 
 

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