Sfratto per morosità, va fatta la conciliazione col locatore
- avvocatocapizzano
- 1 set 2016
- Tempo di lettura: 2 min
Che succede se, nella causa tra padrone di casa (locatore) e inquilino (conduttore), volta a contestare lo sfratto per morosità richiesto dal primo, non viene prima tentata la cosiddetta mediazione, ossia il tentativo di conciliazione tra le due parti? A chi spetta avviare il procedimento di mediazione, convocando davanti all’organismo la controparte? A chiarire questi dubbi è una recente sentenza del Tribunale di Napoli [1].
Secondo la sentenza in commento, quando il conduttore si oppone alla richiesta di convalida dello sfratto per morosità, il giudice pronuncia ordinanza di rilascio e ordina il mutamento del rito (da sommario a cognizione piena). Con l’istanza di mutamento di rito, sorge l’obbligo per le parti di tentare la mediazione. Se il tentativo di mediazione non è viene effettuato o se il conduttore non si presenta personalmente, si verificano le seguenti conseguenze:
il giudizio di opposizione (quello cioè “a cognizione piena”) diventa improcedibile;
di conseguenza, l’ordinanza provvisoria di rilascio dell’immobile, emessa dal giudice nel rito sommario, rimane valida ed efficace. In pratica l’inquilino moroso sarà costretto ad andare via di casa.
Ne consegue che, ad avviare la mediazione deve essere l’inquilino, il quale ha proposto l’opposizione e, quindi, ha interesse alla prosecuzione del giudizio.
L’orientamento sposato dal Tribunale partenopeo è simmetrico a quello della Cassazione in materia di opposizione a decreto ingiuntivo [2]: secondo infatti la Corte Suprema, a dover avviare la mediazione, prima del giudizio di opposizione, è il ricorrente in opposizione, ossia il debitore.
Come avviene l’opposizione allo sfratto dell’inquilino moroso?
Dopo la notifica del ricorso per sfratto, tanto il locatore quanto il conduttore compaiono in udienza davanti al giudice. In quella sede, il conduttore può proporre opposizione alla convalida. In tal caso il procedimento può prendere una delle seguenti vie:
su istanza del locatore se l’opposizione non è fondata su prova scritta e non vi sono gravi motivi, il giudice pronuncia ordinanza di rilascio non impugnabile e fissa la data di esecuzione del rilascio;
il giudice ordina il mutamento di rito e il processo prosegue. Dal mutamento del rito sorge l’obbligo di tentare la mediazione.
Per proporre opposizione, non è richiesta nessuna forma particolare, può essere esposta anche verbalmente all’udienza di convalida. Nella prassi, solitamente, l’opposizione è formulata nella comparsa di costituzione e risposta del convenuto.
[1] Trib. Napoli Nord sent. n. 325/16 del 14.03.2016.
[2] Cass. sent. n. 24629/2015. Si registrano tutt’ora forti divergenze, tra i tribunali, su chi è tenuto a promuovere la mediazione dopo che il giudice ha deliberato sulle prime richieste delle parti: l’opponente, a cui è stato ingiunto il pagamento di una somma di denaro (o la consegna di una cosa), oppure l’opposto-convenuto, cioè il creditore, ricorrente nella fase monitoria, che ha ottenuto il decreto ingiuntivo? Secondo un primo filone, che ha avuto l’avallo della Cassazione, è l’opponente (cioè il debitore) ad avere «il potere e l’interesse a introdurre il giudizio di merito»; è quindi su di lui che incombe l’onere della mediazione obbligatoria, perché è l’opponente ad aver precluso al creditore «la via breve» scegliendo di «percorrere la via lunga». Per la Cassazione, «la diversa soluzione sarebbe palesemente irrazionale perché premierebbe» la condotta passiva «dell’opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice».
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