Separazione e divorzio: figli quasi sempre alla madre
- avvocatocapizzano
- 16 set 2016
- Tempo di lettura: 3 min

Non c’era bisogno della sentenza di ieri della Cassazione [1] per chiarire un aspetto già noto a molti papà: dopo la separazione, i figli finiscono sempre alla madre, salvo rare eccezioni di inadeguatezza della stessa. La pronuncia in commento lo dice in modo chiaro e senza tanti peli sulla lingua, spezzando le speranze anche a quei padri che mostrano ottime qualità genitoriali. Non sono queste, evidentemente, le doti che servono a smuovere l’ago della bilancia.
C’è di più: a leggere la decisione della Cassazione si capisce anche che i giudici sono tenuti a preferire il collocamento dei bambini minorennipresso l’ex moglie anche se quest’ultima decide di trasferirsi a molti chilometri di distanza dalla precedente casa coniugale. La sentenza scopre una triste realtà familiare a cui, ancora, la nostra giurisprudenza non è riuscita a dare una risposta soddisfacente che sappia tutelare anche i diritti dei papà. Ma procediamo con ordine.
Dopo la separazione e finché vanno a scuola – si chiarisce nella sentenza in commento – e, a maggior ragione, ancor prima di questo momento, i minori devono essere collocati in via preferenziale presso la madre anche se l’ex marito ha mostrato ottime doti di genitore, premura, amore e capacità di prendersi cura dei piccoli anche economicamente. Il criterio che privilegia la mamma, infatti, può essere superato soltanto se l’interessata si rivela sfornita di adeguate capacità per accudire i figli.
Ovviamente è in discussione solo la residenza dei bambini, dove cioè questi finiscono per vivere abitualmente (in gergo tecnico si chiama “collocamento dei figli”), mentre non si può modificare la regola generale che impone l’affidamento condiviso, ossia la paritaria ripartizione dei diritti e doveri sui figli in capo a entrambi i coniugi, con obbligo di concordare l’indirizzo educativo, di istruzione e crescita. Ma è anche noto che, nei fatti, l’affidamento condiviso si risolve spesso nella chiamata in gioco del papà solo al momento in cui deve sborsare ilmantenimento, venendo poi escluso dalle relazioni quotidiane. Nei casi peggiori, si assiste poi alla strumentalizzazione dei bambini per le ripicche genitoriali, con conseguenti sindromi di alienazione parentale.
Nella decisione sulla collocazione dei figli non conta neanche chi fra i coniugi abbia colpa nella separazione (cosiddetto addebito) o chi abbia violato di più o per primo gli accordi raggiunti in sede di separazione consensuale: la priorità è garantire il futuro benessere dei minori, morale e materiale. La scelta della sede di lavoro della madre non è necessariamente indice della volontà di allontanare i bambini dall’ex marito. Il giudice deve quindi verificare che le esigenze di progressione di carriera (diritto garantito dalla Costituzione che tutela il lavoro in tutte le sue espressioni) o di necessità abitative possano consigliare alla madre un diverso luogo ove andare a vivere.
Il giudice, insomma, nel momento in cui decide presso quale genitore far vivere i bambini deve solo valutare l’interesse di questi ultimi ed, evidentemente – almeno secondo la Cassazione – l’interesse dei figli è di stare con la madre anche se questa decide di trasferirsi altrove e ciò inevitabilmente incide in modo negativo sulla quotidianità dei rapporti dei figli con il genitore non collocatario.
Nel caso di specie, il giudice respinge la tesi del padre sui danni dall’eccessivo pendolarismo e sulle ripercussioni negative nel rapporto con il genitore lontano.
[1] Cass. sent. n. 18087/16 del 14.09.2016.
Fonte: La legge per tutti
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