Se il debitore intesta i beni a un’altra persona come mi difendo?
- avvocatocapizzano
- 6 ott 2016
- Tempo di lettura: 3 min

Come si tutela il creditore di fronte al comportamento di chi gli deve dei soldi e, tuttavia, allo scopo di rendersi nullatenente e impedire qualsiasi pignoramento ai suoi danni, intesta tutti i propri beni a familiari, parenti o amici? La legge prevede una chance, la cosiddetta azione revocatoria, ma non è sempre facile spuntarla. Vediamo meglio di cosa si tratta.
La legge non vieta la vendita o la donazione dei propri beni a chi è debitore di somme di denaro verso terzi: l’atto di intestare una casa, un terreno o un’automobile a un familiare o a qualsiasi altro soggetto è pienamente lecito sia da un punto di vista civilistico che penale. Ma è anche vero che il creditore può, ad atto già stipulato, renderlo del tutto inefficace, ricorrendo al giudice affinché lo revochi. Insomma, è come se la lancetta dell’orologio potesse tornare indietro, al momento prima del rogito che ha comportamento il trasferimento della proprietà.
Non solo. Il creditore può proporre l’azione revocatoria contro il debitore che, fraudolentemente si è spogliato dei propri beni, anche quando il suo credito non è ancora determinato e sicuro, ma è in corso di accertamento e verifica da parte del giudice (si pensi a un decreto ingiuntivo notificato dal creditore al debitore e da quest’ultimo opposto in tribunale, magari solo per “perdere tempo”).
Il punto è che l’esercizio dell’azione revocatoria è soggetto a una serie di limiti.
Il primo è di natura temporale: il creditore deve agire entro massimo cinque anni, altrimenti poi decade dalla possibilità di rendere inefficace la vendita o la donazione e l’atto diventa definitivo.
Il secondo è di tipo processuale e coincide con la prova che bisogna fornire al giudice per dimostrare che l’intestazione dei beni dal debitore ad altri soggetti è stata preordinata allo scopo di frodare i creditori. A tal fine bisogna distinguere:
se si tratta di una donazione, è necessario dimostrare che il debitore abbia regalato il proprio bene solo per impedire che esso potesse essere pignorato. Detto così, sembra una prova difficilissima, poiché richiederebbe di investigare sulle intenzioni interiori del debitore. In realtà è più facile di quanto si creda: secondo la giurisprudenza, infatti, basta provare che il debitore non ha altri beni, oltre a quello di cui si è appena spogliato, da poter aggredire. Per esempio, se Mario è proprietario solo di una casa e di un’automobile ed intesta entrambi al figlio è chiaro che ha agito per non far trovare nulla ai propri creditori;
se si tratta di una vendita – posto che in tal caso bisogna anche tutelare l’acquirente che, in buona fede, ha fatto affidamento sulla validità dell’atto, per il quale ha già pagato il prezzo – è necessario un’ulteriore prova oltre a quella appena detta: la consapevolezza del compratore che la vendita, così come realizzata, aveva la finalità di frodare i creditori del venditore. Il che può essere dimostrato anche evidenziando il rapporto di parentela stretta o di convivenza tra i soggetti, ossia un legame tale che l’uno non può non essere a conoscenza dei debiti dell’altro. È questo forse l’elemento di maggiore difficoltà dell’azione revocatoria che la rende non sempre agevole.
In sintesi, il creditore che ritenga di essere stato pregiudicato da un atto con cui il debitore ha disposto del suo patrimonio può esercitare l’azione revocatoria, per ottenere che l’atto venga dichiarato inefficace nei suoi confronti. Inefficace, va sottolineato, e non nullo. Pertanto il creditore potrà, ottenuta la revoca, procedere esecutivamente sul bene oggetto dell’atto revocato ma, rimanendo tale atto perfettamente valido tra le parti, il pignoramento andrà eseguito non nei confronti del debitore, ma del soggetto al quale il bene è pervenuto (l’acquirente o il donatario).
La revocatoria può essere esercitata anche se il bene è confluito in un fondo patrimoniale o in un trust.
Come abbiamo anticipato in apertura, l’azione revocatoria può essere avviata anche quando il credito non è ancora stato definitivamente accertato dal giudice e, quindi, non è certo. Questo per evitare che il debitore rallenti il processo solo per far scadere il prima possibile il termine di cinque anni necessario per l’esercizio della revocatoria. Per cui, se è ancora in corso un giudizio tra creditore e debitore per la determinazione del credito del primo, questi può ugualmente procedere con la revocatoria.
Una recente riforma consente al creditore di procedere a espropriazione forzata senza dover prima esercitare l’azione revocatoria nel caso in cui il pregiudizio sia stato arrecato mediante donazione, fondo patrimoniale o trust relativo a beni immobili o mobili registrati, trascritto entro l’anno anteriore alla data di trascrizione del pignoramento. In pratica, se dopo un anno dalla trascrizione dell’atto a titolo gratuito un creditore trascrive il pignoramento, quest’ultimo può pignorare il bene in modo diretto, senza neanche dover esercitare l’azione revocatoria. In questo modo si presume la natura fraudolenta, entro 1 anno, di tutti gli atti diversi dalla vendita, sollevando il creditore dall’onere di una causa normalmente non semplice.
Fonte: La legge per tutti
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