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Le foto dei bambini su Facebook vengono usate dai pedofili?


Prima i magistrati, poi la polizia postale hanno messo in guardia i genitori italiani: attenzione a pubblicare le foto dei vostri figli sui profili pubblici dei social network, perché il mercato della pedo pornografia vi pesca a piene mani. Per capire quali sono i rischi effettivi della attuale situazione abbiamo chiesto ad Alessandro Curioni, esperto in sicurezza informatica e autore del libro «Come pesci nella Rete – Guida per non essere le sardine di Internet».

Questa storia del riciclaggio delle immagini di minori da parte dei trafficanti di immagine pedo pornografiche è vera?

«Assolutamente si. Si parla di circa il cinquanta per cento delle immagini del genere circolanti su internet. Con i programmi di elaborazione grafica attuali non è difficile manipolare fotografie innocenti in qualcosa di molto diverso».

Quindi niente foto dei figli on line?

«Capisco che il bello di certi momenti è condividerli e quando si diventa mamma e papà si è decisamente felici ed esageratamente pronti a condividere. In diretta dalla sala parto postano l’immagine dell’avvento in mondovisione su tutti i social raggiungibili, mancano soltanto il bue e l’asinello. Pochi minuti dopo il pargolo nella culla con dettaglio su peso e lunghezza. Eccolo poi attaccato a seno della mamma. Il giorno successivo arriva l’uscita dall’ospedale. Da quel momento in poi è un susseguirsi di il/la primo/a: bagnetto, sorriso, ciuccio, parola, dentino, giorno all’asilo e via senza sosta. Al confronto Christof, il diabolico e ossessivo regista di The Truman Show, passa per un dilettante allo sbaraglio. Il risultato è che un paio di anni dopo la lieta novella, il pargolo non ha più una vita privata. L’intero mondo, se vuole, può sapere tutto di lui. Forse questi genitori iper-mediatici dovrebbero pensare che anche i propri figli hanno diritto a una certa privacy. Si dovrebbero ricordare che la Rete non dimentica. Come si potrebbe sentire il proprio figlio, magari venti anni dopo, di fronte a una foto che lo ritrae mentre è seduto sul vasino?».

Esiste un livello di privacy giusto?

«Ognuno decide liberamente a quale altezza posizionare l’asticella, ma l’importante è la consapevolezza. Facciamo un esempio. Con il mio smartphone faccio una fotografia di mio figlio che entra a scuola il primo giorno di lezione e la pubblico sul mio social preferito. Il genitore dovrebbe sapere che le fotografie scattate da un smartphone potrebbero incorporare dei dati tali da permettere la geolocalizzazione del soggetto ritratto. Non voglio essere drammatico, ma il primo bagnetto e il primo giorno di scuola, significa dire al mondo: guarda come è bello mio figlio, se vuoi lo trovi tutte le mattine in questo luogo. Personalmente trovo la combinazione piuttosto inquietante».

Molto inquietante. Altri usi pericolosi?

«Sicuramente le famiglie che hanno in affido o adozione bambini o ragazzi con alle spalle storie di maltrattamenti dovrebbero evitare con cura di pubblicare foto del minore. Si fornisce ai molestatori un canale per rintracciali. Un altro aspetto sottovalutato è il cyberbullismo. Immaginate quale materiale forniamo a bullo di turno, che ha preso di mira nostro figlio, se pubblichiamo foto intime o che, quando sarà più grande, potrebbero metterlo in imbarazzo».

Qualche buon consiglio?

«Il buonsenso è il nostro unico alleato. Prima di pubblicare le foto proviamo a pensare male, cioè a ipotizzare quali usi distorti si potrebbero fare di quell’immagine. Se poi siamo convinti che nulla può accadere, allora rendiamola di pubblico dominio. Teniamo sempre presente, però, che, se domani cambiamo idea, riuscire a rimuoverla definitivamente dal web potrebbe diventare un’impresa senza speranza di successo».

Fonte: La legge per tutti

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