Cognome della madre ai figli, è legale
- avvocatocapizzano
- 10 nov 2016
- Tempo di lettura: 2 min

Secondo la Corte costituzionale è illegittima e discriminatoria la norma che impone di attribuire ai figli, in automatico, il cognome del padre e non quello della madre (o, eventualmente, i due insieme). Norma che, in realtà, neanche è così esplicita, ma si ricava dall’ordinamento: l’obbligo del cognome paterno, per quanto sinora intangibile, si desume solo indirettamente dal codice civile (in materia di figli nati fuori dal matrimonio), da un regio decreto del 1939 e da un decreto del presidente della Repubblica del 2000, che determinano l’attribuzione automatica del cognome paterno.
Con l’eliminazione di quest’ultimo retaggio di un’epoca patriarcale, cambiano anche le regole in materia di cognome ai figli: le sentenze della Corte Costituzionale, infatti, oltre ad essere retroattive, sono vincolanti per tutti i cittadini italiani e le istituzioni a partire dal giorno dopo la sua pubblicazione. Pubblicazione che ancora non è avvenuta (ieri la causa è stata semplicemente discussa) e che verrà formalizzata in questi giorni con il deposito delle motivazioni.
Secondo la Corte Costituzionale, l’illegittimità del sistema del cognome del padre è legata alla violazione dei seguenti articoli della Costituzione: articolo 2 (diritto all’identità personale), articolo 3 (diritto di uguaglianza e pari dignità sociale dei genitori nei confronti dei figli), articolo 29 (diritto di uguaglianza morale e giuridica dei coniugi), e anche all’articolo 117 della Costituzione in relazione a principi contenuti in convenzioni e risoluzioni internazionali – su tutte quella del 1979 dell’Onu sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne.
Stop quindi alla trasmissione automatica del cognome paterno: il figlio potrà avere, da oggi, contemporaneamente il cognome del padre e il cognome della madre o anche solo quest’ultimo se i genitori sono d’accordo. E se non sono d’accordo? Non essendovi una legge, ma solo una sentenza, non è dato sapere; per cui sarà necessario un intervento del Parlamento che disciplini l’intera materia. In questi casi, al momento, è presumibile il ricorso al giudice che dovrà decidere in base all’interesse del minore.
Fonte: La legge per tutti
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