Quando il figlio va a vivere dal padre
- avvocatocapizzano
- 10 gen 2017
- Tempo di lettura: 2 min

Da chi va a stare il figlio di una coppia di separati o divorziati? Secondo alcune sentenze della Cassazione, se il bambino è ancora in età scolare bisogna preferire sempre la madre. Secondo il tribunale di Milano, invece, non ci sono norme che stabiliscano la preferenza della donna rispetto all’ex marito: entrambi i sessi sono uguali e, quindi, bisogna decidere caso per caso, solo sulla base dell’interesse del minore.
Sulla questione è intervenuto, di recente, il Tribunale di Catania [1], secondo il quale, nell’ambito della separazione o divorzio fra i coniugi, pur in presenza di affidamento condiviso del figlio minorenne, si deve accordare il collocamento presso il padre quando quest’ultimo appare meglio orientato ai doveri verso il figlio mentre la madre risulta fragile e impegnata a risolvere suoi delicati problemi personali («delicate questioni personali» – si legge nella sentenza – ancora «irrisolte o comunque non ancora adeguatamente inquadrate»).
In mancanza, invece, di prove sull’incapacità di uno dei genitori, entrambi si presumono idonei a esercitare le loro responsabilità e a divenire affidatari e/o collocatari dei figli.
Non sono i maggiori o minori redditi a determinare presso chi i figli andranno a vivere. Questi, infatti, ben potrebbero essere collocati presso la madre anche se presenta uno stipendio più basso dell’uomo, poiché comunque a compensare la disparità economica c’è il mantenimento che deve versare a lei e ai bambini l’ex marito.
Il vero elemento distintivo è dunque, piuttosto che il portafoglio, la capacità educativa, la relazione coi minori (tenendo conto anche di quello che gli stessi “confesseranno” ai servizi sociali) e la stabilità psicologica.
Se, dunque, il padre risulta più «equilibrato» dal punto di vista emotivo e «solido» sul piano psicologico della moglie, i figli vanno a stare da lui. Questo perché la sua percezione della realtà si rivela migliore rispetto a quella della ex. Il che però non esclude l’affidamento condiviso.
Viene dunque scardinato, ancora una volta, il principio della cosiddetta «maternal preference» tanto usato negli scorsi anni: addio al pregiudizio secondo cui «i figli piccoli sarebbero principalmente delle madri» e «ai padri sarebbe solo consentito di esercitare i loro diritti/doveri». La nostra Costituzione, nel dettare il principio secondo cui tutti sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, finisce per dettare la par condicio fra i genitori.
[1] Trib. Catania, ord. del 2.12.2016.
Fonte: La legge per tutti
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