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Addio mantenimento alla ex moglie che può lavorare

  • Immagine del redattore: avvocatocapizzano
    avvocatocapizzano
  • 16 gen 2017
  • Tempo di lettura: 3 min

Se la donna ha le capacità e la preparazione da consentirle di lavorare non può continuare a vivere alle spalle dell’ex marito, per cui è diritto di quest’ultimo non versarle l’assegno di mantenimento. A chiarirlo è la Cassazione in una sentenza di due giorni fa [1]: secondo la Corte solo quelle donne che hanno perso, prima della separazione, ogni potenziale capacità di guadagno possono esigere l’assegno mensile (è il caso della casalinga quarantenne che non ha una formazione specifica), mentre le altre devono cercare di mantenersi da sole.

La donna perde il mantenimento se può lavorare

Non è la prima volta che la Cassazione decreta il sostanziale tramonto del diritto assoluto e incondizionato all’assegno di mantenimento.

Per comprendere il punto di vista della giurisprudenza dobbiamo partire da un principio: se la donna lavora – o può lavorare e volontariamente non lo fa – il conseguente reddito (effettivo o potenziale) può essere valutato dal giudice per ridurre o cancellare del tutto il suo diritto al mantenimento. Scopo dell’assegno mensile è infatti quello di equilibrare le condizioni economiche degli ex coniugi anche dopo la separazione. Se lo stipendio dell’ex moglie le consente di avere il medesimo tenore di vita del marito allora non può rivendicare il mantenimento o, quantomeno, potrà beneficiare di un mantenimento inferiore.

Il problema non si pone quando la donna ha un proprio stipendio o, da autonoma, ha una dichiarazione dei redditi: il dato numerico di quanto guadagnato è evidente e non richiede, spesso, ulteriori accertamenti.

I dubbi nascono invece quando la donna è disoccupata. Il punto su cui si sofferma la Corte è quello relativo alle ragioni del mancato reperimento di una sistemazione lavorativa. E, seppur implicitamente, la Cassazione distingue i casi in cui ciò sia dovuto a una incapacità della donna per aver svolto sino ad allora, altri compiti – come la casalinga – e, dunque, per non aver potuto coltivare una propria “formazione al lavoro”, dai casi invece in cui lo stato di disoccupazione dipende da un suo atteggiamento pigro o schizzinoso, magari in cerca di una posizione lavorativa ideale, confacente alle proprie ambizioni. Ebbene, in tali ipotesi, si legge in sentenza: «l’attitudine al lavoro proficuo della ex moglie, quale potenzialità di guadagno, costituisce elemento valutabile ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento da parte del giudice, che deve al riguardo tenere conto non solo dei redditi in denaro, ma anche di ogni utilità o capacità dei coniugi suscettibile di valutazione economica», come appunto una formazione o pregresse esperienze lavorative maturate dalla ex moglie prima della separazione. «L’attitudine del coniuge al lavoro assume in tal caso rilievo solo se viene riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale e ambientale, e non già di mere valutazioni astratte ed ipotetiche» [2].

In buona sostanza, ciò che conta non è tanto quanto guadagna la ex moglie ma le sue possibilità concrete e specifiche di guadagnare, a prescindere dal non aver trovato una propria sistemazione lavorativa.

Se nasce un nuovo figlio diminuisce il mantenimento

Inoltre – precisa la Corte – in materia di separazione, la formazione di una nuova famiglia da parte del coniuge obbligato a versare il mantenimento e la nascita di figli con un nuovo partner, pur non determinando automaticamente una riduzione dell’assegno all’ex moglie e ai figli nati con quest’ultima, deve essere valutata dal giudice come circostanza sopravvenuta che può portare alla modifica delle condizioni di separazione inizialmente stabilite dal tribunale, in quanto comporta il sorgere di nuovi obblighi di carattere economico [3]. È da escludere però che il diritto di mantenimento del precedente coniuge venga retrocesso rispetto a quello del nuovo: entrambi vanno contemperati ed equilibrati, di modo che nessuna delle due famiglie possa subire da ciò una menomazione.

[1] Cass. sent. n. 789 del 13.01.2017.

[2] Cass. sent. n. 3502/2013, sent. n. 18547/2006.

[3] Cass. sent. n. 14175/2016.

Fonte: La legge per tutti

 
 
 

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