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Debiti di piccolo importo: niente pignoramento


Immaginiamo di avere un grosso debito con una società e di pagarlo, magari a rate, per intero; dimentichiamo, però, a causa di un errore di calcolo, una minima parte, alcune decine di euro che, tuttavia, rapportate al credito iniziale, sono una minima parte. A noi quell’importo ci sembra trascurabile e ci concediamo lo “sconto”, sicuri che il creditore non farà nulla nei nostri confronti. Invece quest’ultimo si fa avanti, ci notifica un atto di precetto, minacciandoci anche di fare un pignoramento. È legittimo ciò? È possibile scomodare un tribunale, un ufficiale giudiziario e un giudice per pochi spiccioli? La soluzione è in una recente sentenza della Cassazione [1].

Secondo la Corte è illegittimo il pignoramento per crediti monetari di infimo valore. Il creditore, in altre parole, deve rinunciare al recupero delle somme che gli spettano e sperare che il debitore paghi spontaneamente. Diversamente sarà lo stesso giudice a rigettare la richiesta di pignoramento per importi così modesti come quelli di pochi euro (10, 20 euro).

La ragione di tale ragionamento trova fondamento in una norma del codice di procedura civile [2] secondo cui, per proporre domanda a un giudice, bisogna avervi interesse. In termini processuali, l’interesse corrisponde a un danno certo e concreto, valutabile economicamente. Non può quindi trovare posto l’azione per «principio», ossia per una semplice presa di posizione. Diversamente si finirebbe per affollare le aule dei tribunali per questioni di scarso rilievo, pregiudicando la pronta soluzione di processi più seri.

A questo modo di ragionare si potrà rispondere richiamando la Costituzione [3], la quale sancisce invece il diritto di tutti i cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa – proclama la nostra Costituzione – è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Ma, a detta della Cassazione, ciò non pregiudica il ragionamento fatto finora. Anche la tutela dei diritti deve fare i conti con un danno effettivo e non con le “prese di posizione”, che non possono trovare tutela nel nostro ordinamento. La tutela del diritto di azione va contemperata con le regole di correttezza e buona fede nonché coi principi del giusto processo e della durata ragionevole dei giudizi.

[1] Cass. sent. n. 2168/2017.

[2] Art.100 cod. proc. civ.

[3] Art. 24 Cost.

Fonte: La legge per tutti

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