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Fondo di solidarietà per il coniuge in stato di bisogno


È ormai una realtà, ed è operativo a tutti gli effetti, il nuovo Fondo di solidarietà per il coniuge in stato di bisogno, destinato a quelle persone che, separate o divorziate, versano in stato di bisogno e non riescono a ricevere l’assegno di mantenimento dall’ex coniuge. A prevederlo è la legge di Stabilità 2016 [1], attuata da un decreto ministeriale uscito a distanza di un anno [2].

La misura di sostegno ha carattere sperimentale: ciò comporta la sua applicazione solo in relazione ad alcuni tribunali (tra cui il tribunale di Milano).

Come si accede al Fondo di solidarietà per il coniuge in stato di bisogno

Per accedere al Fondo di solidarietà per il coniuge in stato di bisogno è necessario scaricare il modulo con la domanda (form) presente sul sito internet del Ministeto della giustizia (www.giustizia.it). Il modulo si trova, dal 13 febbraio 2017, in un’area dedicata denominata «Fondo di solidarietà a tutela del coniuge in stato di bisogno» del sito internet del Ministero (www.giustizia.it)». Le domande presentate attraverso moduli diversi da quello ufficiale verranno rigettate.

L’istanza va poi depositata presso la Cancelleria del tribunale competente, senza pagamento di bolli, imposte o contributo unificato.

I tribunali ove depositare l’istanza di accesso al Fondo di solidarietà

Tribunali legittimati a ricevere le domande di accesso al Fondo sono i seguenti: Ancona, Bari, Bologna, Bolzano, Brescia, Cagliari, Caltanissetta, Campobasso, Catania, Catanzaro, Firenze, Genova, L’Aquila, Lecce, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Potenza, Reggio Calabria, Roma, Salerno, Sassari, Taranto, Torino, Trento, Trieste, Venezia. Resta qualche dubbio sulla sezione distaccata della Corte di Appello di Cagliari, che ha sede in Sassari.

Il giudice dovrà valutare l’istanza e, se la ritiene ammissibile, la trasmette al Dipartimento per gli affari di giustizia del ministero della Giustizia presso cui è istituito il Fondo ai fini del pagamento della somma.

Se invece il tribunale ritiene l’istanza inammissibile, la trasmette al Fondo indicandone le ragioni. Quando il presidente del tribunale o il giudice da lui delegato non ritiene sussistenti i presupposti per la trasmissione dell’istanza al ministero della Giustizia, provvede al rigetto della stessa con decreto non impugnabile.

Quando è possibile ottenere i soldi dal Fondo di solidarietà del coniuge in stato di bisogno?

Al fondo può accedere solo chi non ha ricevuto il pagamento dell’assegno di mantenimento successivamente all’1 gennaio 2016 (ossia dopo l’entrata in vigore della legge). Quindi gli inadempimenti anteriori non saranno garantiti.

L’inadempimento non deve essere necessariamente totale. Se infatti l’ex ha pagato solo una parte dell’assegno, è ugualmente possibile accedere al Fondo. Nella domanda, infatti, il richiedente deve indicare «la misura dell’inadempimento del coniuge tenuto a versare l’assegno di mantenimento». Ne consegue che anche l’inadempimento parziale o inesatto giustifica l’accesso al Fondo.

Chi può accedere al Fondo di solidarietà?

La domanda di accesso al Fondo di solidarietà può essere presentata dai «richiedenti che risiedono in uno dei comuni del distretto» legittimato dal decreto ministeriale.

Per «residenza» si intende il luogo dell’abituale e volontaria dimora in un determinato luogo. Rileva quindi la permanenza stabile in base alle consuetudini di vita e allo svolgimento delle normali relazioni sociali. Di norma, ci si basa su quanto risulta all’anagrafe.

La domanda di accesso al Fondo di solidarietà può essere presentata dal coniuge separato in stato di bisogno che non è in grado di provvedere al mantenimento proprio e dei figli minori, oltre che dei figli maggiorenni portatori di handicap grave, conviventi.

Viene quindi esclusa la possibilità di presentare la domanda per il coniuge divorziato e per le coppie unite da unione civile. Infatti presupposto per l’applicazione della norma è l’omesso versamento dell’assegno di mantenimento, mentre per le coppie divorziate e per gli uniti civili è previsto il cosiddetto assegno divorzile.

Escludendo i divorziati, il Legislatore ha accordato preferenza di tutela alla famiglia (fondata sul matrimonio) appena disgregata, in cui il vincolo coniugale non è ancora sciolto (o gli effetti civili non ne sono ancora venuti meno).

Un ulteriore requisito per accedere al Fondo di solidarietà è la presenza di figli minorenni o gravemente disabili. Sono quindi escluse le situazioni in cui sono presenti figli maggiorenni non indipendenti economicamente. È esclusa la legittimazione attiva in favore del genitore di figli nati fuori da matrimonio.

In sintesi, può richiedere l’accesso al Fondo solo il coniuge separato in stato di bisogno con il quale convivono figli minori o figli maggiorenni portatori di handicap grave che non abbia ricevuto l’assegno periodico a titolo di mantenimento per inadempienza del coniuge che vi era tenuto.

Solo i “genitori” possono accedere al Fondo: il richiedente, infatti, è il coniuge separato «con il quale convivono i figli minori o figli maggiorenni portatori di handicap grave». Non hanno legittimazione i figli.

Quanto alle condizioni di reddito, il richiedente deve dimostrare che il valore dell’indicatore Isee o dell’Isee corrente in corso di validità è inferiore o uguale a euro 3.000.

A pena di inammissibilità, il richiedente deve anche rendere la dichiarazione di versare in una condizione di occupazione, ovvero di disoccupazione ai sensi dell’articolo 19 del decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 150 (Sono considerati disoccupati i lavoratori privi di impiego che dichiarano, in forma telematica, al portale nazionale delle politiche del lavoro, la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa ed alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l’impiego), senza la necessità della dichiarazione al portale nazionale delle politiche del lavoro di cui all’articolo 13 del medesimo decreto; in caso di disoccupazione, la dichiarazione di non aver rifiutato offerte di lavoro negli ultimi due anni.

[1] Art. 1, co. 414-416 L. n. 208/2015.

[2] Dm 15 dicembre 2016.

Fonte: La legge per tutti

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