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Falsificare un contratto o una istanza non è più reato

  • Immagine del redattore: avvocatocapizzano
    avvocatocapizzano
  • 5 feb 2017
  • Tempo di lettura: 2 min

Chi crea e/o utilizza un documento falso non commette reato, purché non si tratti di un documento pubblico, uno di quelli cioè che possono rilasciare solo pubblici ufficiali come notai, dipendenti dell’amministrazione o altre autorità. Quindi non è reato falsificare un contratto (che, in quanto tale, è una scrittura privata, redatta e firmata in autonomia dalle parti) o una istanza presentata a una società privata. È quanto chiarito dalla Cassazione con una sentenza di ieri [1].

La maxi depenalizzazione intervenuta l’anno scorso [2], che ha cancellato circa 40 figure di reati, ha anche abolito il reato di falso in scrittura privata. Ovviamente, se la falsificazione è rivolta a procurarsi un ingiusto profitto, si ricadrà almeno nel reato di truffa (o di tentata truffa) che resta comunque perseguibile penalmente.

Oggi, la falsificazione di una scrittura privata è solo un illecito civile, che può condurre a una causa di risarcimento del danno e, all’esito di questa, a una multa (sempre di carattere civile però) applicata dal giudice. Ma non ci sono più conseguenze sulla fedina penale.

Immaginiamo che un soggetto, volendo far credere a qualcuno di aver acquistato un determinato oggetto, rediga al computer un finto atto di vendita, apponendo la propria firma e falsificando quella del venditore. Ecco, tale comportamento non costituisce più reato. Se però, da tutta questa manovra, ne esce fuori un danno economico per un altro soggetto (sia questi il venditore o colui che è stato vittima dell’artificio), si potrà configurare il reato di truffa. Ma, in mancanza di ciò, la condotta resta penalmente irrilevante.

Nella vicenda di specie, un soggetto aveva – con artifici e raggiri – utilizzato una scrittura privata relativa a una richiesta di inserzione sul Registro italiano Internet con firma falsa del notaio e dell’impronta contraffatta del suo timbro, al fine di procurarsi l’ingiusto profitto consistente nella richiesta di saldo di una fattura pari dell’importo di circa 960euro.

[1] Cass. sent. n. 4951/17 del 2.02.2017.

[2] D.lgs. n. 7/2016.

Fonte: La legge per tutti

 
 
 

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