Si può pignorare l'assegno di mantenimento?
- avvocatocapizzano
- 18 mar 2017
- Tempo di lettura: 4 min
Il pignoramento di crediti di somme di denaro è indubbiamente lo strumento che consente di soddisfare il creditore in modo più efficace e soddisfacente. Tramite tale forma di esecuzione forzata, infatti, il debitore vede prima bloccarsi e poi prelevarsi il denaro che egli deve avere da terzi, in qualità – questi ultimi – di suoi debitori. Il terzo che subisce materialmente il pignoramento è, infatti, chiamato debitore del debitore. Generalmente ha per oggetto:
conti correnti e depositi bancari;
crediti di lavoro subordinato e di agenti di commercio.
Per l’assegno di mantenimento vale una regola specifica: può essere pignorato nel rispetto di alcuni limiti.
Il principio generale è che non possono essere pignorate tutte le somme necessarie alla soddisfazione di esigenze primarie della persona: per esempio gli alimenti, le prestazioni di assistenza, le retribuzioni lavorative per intero. A specificare meglio questo aspetto è il codice di procedura civile [1] che indica analiticamente tutti i crediti che non possono essere pignorati:
crediti alimentari: possono essere pignorati se il creditore proceda per cause di alimenti e sempre in presenza di un’autorizzazione del presidente del tribunale o di un giudice da lui delegato, nei limiti da questi determinati. In pratica, i crediti alimentari possono essere assoggettati alla procedura di cui si parla solo se ciò sia necessario a soddisfare altri crediti della stessa natura.
sussidi di povertà, sussidi dovuti per maternità, malattie e funerali.
Lo stipendio o le altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, compreso il tfr, possono essere pignorate nella misura di un quinto (20%) del totale.
Assegno di mantenimento: si può pignorare?
Per l’assegno di mantenimento, come dicevamo, vale una regola precisa: come già spiegato in Assegno di mantenimento, il suo scopo è quello di assicurare, al coniuge con un reddito e un patrimonio più ridotto rispetto all’altro, la possibilità di mantenere lo stesso tenore di vita di cui godeva durante il matrimonio.
A differenza degli alimenti, può essere pignorato ma a una condizione: solo relativamente a quella parte non necessaria a soddisfare le esigenze primarie di vita del beneficiario. Facciamo un esempio: se Tizio è un ricco imprenditore che guadagna migliaia di euro al mese, il mantenimento elevato che versa alla ex moglie potrebbe essere pignorato nella parte superflua, non indispensabile per la sopravvivenza del beneficiario. Un altro esempio: immaginiamo che il giudice stabilisca un assegno di mantenimento a favore della ex moglie Caia al solo scopo di far mantenere un tenore di vita agiato. Caia, infatti, è una commercialista affermata e ha già una propria autonomia di reddito. In un caso del genere, l’assegno potrà essere pignorato in buona parte, quella cioè non indispensabile per la sua sopravvivenza.
Attenzione a non confondere i crediti alimentari con il mantenimento che ha la funzione di consentire al coniuge debole di conservare lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio; gli alimenti, invece, servono a sostenere chi versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere da solo al proprio sostentamento. Non a caso, mentre l’entità del mantenimento è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato, la quantificazione degli alimenti non deve superare quanto sia necessario per la vita dell’alimentando, avuto riguardo alla sua posizione sociale.
Ne deriva che l’assegno di mantenimento non può essere pignorato nei limiti in cui quest’ultimo abbia anche carattere alimentare, accertamento questo che compete al giudice del merito. In parole povere, per stabilire se un credito di mantenimento possa essere pignorato o meno occorre stabilire se esso abbia in tutto, o anche solo in parte, natura alimentare. Ed, infatti, il credito di mantenimento che non sia destinato a soddisfare in alcun modo le esigenze di vita del beneficiario deve ritenersi equiparabile ad un credito comune.
Assegno di mantenimento: come capire qual è la cifra pignorabile?
La legge non ci fornisce indicazioni in merito e, come detto, deve essere il giudice, in base al caso concreto, che deve deciderlo, anche considerando che molto spesso si parla di assegno di mantenimento ma, di fatto lo stesso ha natura alimentare.
Un dato di partenza è certo: la legge, con riferimento al pignoramento della pensione, stabilisce un minimo impignorabile, perché considerato il minimo vitale, che viene calcolato sommando l’importo dell’ assegno sociale (prima chiamato “pensione sociale”) con la metà dello stesso. L’assegno sociale è una prestazione di assistenza, erogata dall’Inps, indipendentemente dal versamento dei contributi, e riconosciuto a tutte quelle persone che si trovano in una situazione economica disagiata. In sostanza spetta a tutti quei cittadini che hanno un reddito al di sotto di un certo limite e che non hanno diritto (eccetto alcuni casi particolari) alla pensione di vecchiaia, anticipata, di anzianità o ad altri trattamenti previdenziali. Esso è pari a 448,07 euro ed è erogato, come la pensione, per 13 mensilità nel 2017: quindi, sono 5.842,91 euro l’anno. Quindi, il minimo vitale ritenuto impignorabile è pari a 672, 10 euro (ossia 448,07 + 224,03 [che è la metà di 448,07]).
Tuttavia, nell’ambito di un assegno di mantenimento, gli alimenti possono superare il predetto importo: ad esempio, pensiamo a due donne, Mevia e Sempronia. Entrambe hanno una casa di proprietà e non lavorano, quindi non hanno altre fonti di reddito. Mevia, in più, paga mensilmente il mutuo e la rata ammonta a 250 euro. Ora, di fronte a questa situazione e se, come abbiamo detto, non esiste un criterio automatico e matematico per calcolare la cifra pignorabile, è il giudice a dover valutare caso per caso. Quindi, per Sempronia, il giudice potrebbe decidere di far rientrare gli alimenti nell’importo del c.d. minimo vitale; per Mevia, invece, il giudice dovrà considerare assegno alimentare una somma maggiore rispetto a quella di norma impignorabile, considerando la rata del mutuo da pagare e un minimo per il sostentamento quotidiano. Quindi, per Sempronia, a fronte di un assegno di mantenimento di 800 euro, il pignoramento potrebbe riguardare l’importo che supera il minimo vitale (800-672,10=127,9o euro). Per Mevia, il discorso cambia dal momento che questa deve comunque avere di che vivere, oltre a dover pagare la rata del mutuo. Proprio questa incertezza rende opportuno che la donna faccia opposizione alla procedura promossa cercando di provare con tutti i mezzi che l’importo che riceve serve a stento a far fronte ai bisogni primari di vita. Se così non fosse, ancora una volta sarebbe il giudice ad avere carta bianca su tutto.
[1] Art. 545 cod. proc. civ.
Fonte: La legge per tutti
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