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Violenza sessuale: non è reato se la vittima non urla

  • Immagine del redattore: avvocatocapizzano
    avvocatocapizzano
  • 23 mar 2017
  • Tempo di lettura: 2 min

Non basta dire «fermati»: bisogna urlare chiedendo aiuto. Altrimenti non esiste il reato di violenza sessuale. Lo ha stabilito il tribunale di Torino con una sentenza con cui ha assolto un uomo con formula piena dall’accusa di violenza sessuale.

Secondo i giudici piemontesi, la vittima della violenza si è limitata a tentare di fermare l’uomo che la stava toccando – un collega di lavoro – dicendogli più volte «no, basta». Ma non ha chiesto aiuto a nessuno e – si legge sulla sentenza – «non ha tradito quella emotività che pur doveva suscitare in lei la violazione della sua persona». Insomma, se uno mette le mani addosso a una donna e lei si limita a dire «stai buono» o, alla peggio, «ma come ti permetti?» non c’è reato di violenza sessuale. Certo, bisogna sempre tenere conto delle prove a disposizione sui casi concreti. Ma, nel caso di Torino, il presunto palpeggiatore è stato assolto. E non solo: la donna dovrà rispondere ora di calunnia, perché il giudice ha ritenuto il suo racconto non verosimile. Anche se già si annuncia ricorso in appello.

Violenza sessuale: il caso di Torino

Nel caso specifico, la donna che ha sporto querela per presunta violenza sessuale è una torinese che lavora alla Croce Rossa del capoluogo piemontese. Alle spalle, un passato di abusi sessuali da parte del padre. Un passato che il pubblico ministero incaricato delle indagini per la presunta violenza sessuale denunciata dalla donna ha fatto riemergere in aula, parlando di «un’esperienza traumatica di abuso infantile reiterato intrafamiliare subìto». Non a caso la donna ha ammesso che quell’uomo querelato, un collega della Croce Rossa più grande di lei che le avrebbe promesso turni meno pesanti in cambio di rapporti sessuali, le ricordava il padre.

La Corte ha chiesto alla donna perché, quando si sentiva toccare nelle stanze dei vari ospedali dove sarebbe avvenuta la violenza sessuale, non ha mai chiesto aiuto. La sua risposta è stata: «Io con le persone troppo forti mi blocco».

Risposte troppo generiche, secondo i giudici, che ritengono paradossale il fatto che la donna non abbia urlato quando il suo presunto aguzzino avrebbe tentato di spogliarla. Sul piano più, per così dire, tecnico, la donna non ha riferito di «sensazioni o condotte molto spesso riscontrabili in racconti di abuso sessuale, sensazioni di sporco, test di gravidanza, dolori in qualche parte del corpo».

Ci sono altri elementi che non convincono la Corte torinese. Come, ad esempio, il fatto che la donna provasse solo «disgusto» in quel momento, senza saper spiegare in che cosa consisteva quella sensazione. E, soprattutto, il fatto che non abbia urlato, che non abbia gridato, che non abbia pianto. E che, a quanto pare, abbia continuato normalmente il suo turno in Croce Rossa anche dopo gli abusi senza avere mai detto niente a nessuno.

L’imputato non ha mai negato i palpeggiamenti, ma ha sempre sostenuto che la donna era consenziente. Il tribunale di Torino lo ha assolto «perché il fatto – cioè la violenza sessuale – non sussiste».

Fonte: La legge pe tutti

 
 
 

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